Diario del 16 Agosto

La partenza da Milano, qualche ora a Lisbona, serata a Funchal


Milano Linate: L'aereo in partenza per il Portogallo
Sotto di me si profilano le prime case di Lisbona
Il caratteristico tram
O electrico n°28
Il cielo grigio sopra la capitale Lusitana
Panni e bandiere stese tra i vicoli dell'Alfama
Uno scorcio del cortile della casa do Alentejo (Palácio Alverca)
Un 'Roteiro' gigante all'aeroporto ricorda gli Europei appena conclusi
Il ponte 25 Avril visto dall'aereo appena decollato
Inquietante procedura di avvicinamento all'aeroporto di Madeira
Le mille luci di una afosa Funchal mentre scende la sera
Dopo una preparazione lunga e precisa, la più meticolosa che abbia mai fatto per un viaggio, è finalmente arrivato il momento della partenza.

Il volo TP 829 per Lisbona mi aspetta (si fa per dire) per decollare puntualmente (si spera) alle ore 06:45 dall'aeroporto di Milano Linate per arrivare, dopo quasi tre ore di trasvolata nella (da me) amatissima capitale del Portogallo. L'ora in meno (o in più?) fa sì che l'arrivo sia previsto per le otto e mezza.

Arrivare a Lisbona in aereo è un'emozione forte. È la quarta volta che ci vengo ma è la prima con l'aereo e, anche se la visibilità è poca riconosco, o me ne convinco solamente, Praça do Comércio, la Baixa, la Torre di Belem, il Mosteiro dos Jeronimos.

Grazie agli orari insolitamente rispettati, appena messo piede nell'aeroporto della Portela, con il bagaglio che mi illudo sia pronto ad attendermi da qualche parte pronto a decollare assieme a me per Madeira nel pomeriggio, mi precipito ad acciuffare l'Aerobus che in meno di mezz'ora mi conduce nel bel mezzo do Rossio.

Sono quasi le dieci e il tempo è piuttosto grigio, la pioggia è più di una minaccia, le prime goccioline appaiono neanche troppo timidamente.
Peccato. Ma non mi lascio deprimere. Lisbona la conosco già, quello che cerco è respirarne ancora una volta l'atmosfera. E allora cosa di meglio di una bella passeggiata nelle vie squadrate della Baixa fino ad arrivare a Praça do Comércio. Camminando proverò a fare un programma abbastanza prudente da non farmi perdere l'aereo.

Arrivato alla prima meta di questo viaggio le idee si sono un po' chiarite. L'ipotesi balenata per un attimo di arrivare fino alla torre di Belem è giustamente esclusa, troppo rischiosa.
Meglio salire fino all'Alfama a piedi, pioggia permettendo e poi scendere giù con un electrico. Intanto, però la pioggia si fa seria e allora, i pasteis de Nata che non mangerò a Belem possono essere giustamente onorati nello storico caffè Martinho da Arcada che fu rifugio anche di Fernando Pessoa. Accompagno i dolci con una 'bica' e ammiro gli azulejos dell'interno del locale.

Esco rinfrancato e anche il tempo sembra riflettere il mio miglioramento d'umore: non splende certo il sole ma la pioggia si è fatta appena percettibile di certo non in grado di fermare i miei propositi.

La scarpinata per le serpeggianti strade che sovrastano il quartiere medioevale e che costeggiano la Cattedrale è abbastanza faticosa. Una vista d'insieme dal Miradouro mostra una Lisbona grigia ma ugualmente fascinosa con le navi che solcano le acque del rio Tejo oggi molto cupe. Arrivato in cima discendo le scale degli stretti 'becos' dell'Alfama, tra gatti e panni stesi inframmezzati con bandiere Portoghesi che nessuno, evidentemente e giustamente, ha pensato di riporre dopo la finale degli Europei sorprendentemente persa con la Grecia.

Torno su e aspetto con pazienza il '28', il piccolo tram così caratteristico che non si fa attendere troppo e, insolitamente, complice forse il tempo grigio, non è pieno di turisti come al solito. Lo guida una donna. La cosa mi sorprende un po' e colpisce l'immaginario erotico di un Lisbonense che nel rivolgere ampi cenni di ammirazione alla tramviera rischia di finire sotto (al tram, non alla tranviera). In mezzo al traffico è dura muoversi ma dopo la discesa fino al vecchio Terreiro do Paço il glorioso Electrico mi porta a due passi da Largo do Chiado.

Doverosa puntata per un omaggio alla casa natale di Pessoa e altrettanto doveroso stop alla 'Brasileira', il famosissimo caffé dove le frequenti visite del poeta sono ricordate con una statua bronzea seduta ad un tavolino che, ahimé, è solo immaginario. Respingo la tentazione dei salgados e mi limito ad un'altra bica. Comunque la fame comincia a farsi sentire e decido che è ora di andare a mangiare. Il ristorante prescelto è quello che si trova all'interno della casa do Alentejo dove, non potrà di certo mancare il 'Porco à Alentejana'.

Arrivo alla Casa do Alentejo che è ancora troppo presto per mangiare, ne approfitto allora per dare un'occhiata in giro. Il circolo Alentejano si trova nel Palácio Alverca a due passi dal Rossio, un edificio del diciasettesimo secolo. Vi è un cortile interno luminosissimo in stile che a me pare Manuelino. Comunque ricchissimo e arabeggiante. Ci sono targhe ovunque che ricordano Alentejani illustri ma io, onestamente, non ne conosco neanche uno. Ma finalmente è ora. Siedo nel ristorante dapprima da solo poi raggiunto da parecchi portoghesi che sembrano habituées del posto. Pasto assolutamente tradizionale con un 'caldo verde' e l'agognato Porco all'alentejana, ricetta che prevede l'insolito accostamento del maiale alle vongole.

Mi sembra ora di tornare in aeroporto, aspetto una decina di minuti l'arrivo dell'autobus ed eccomi di nuovo a Portela dopo essere passato attraverso la parte nuova di Lisbona fatta di ampi viali costellati da statue e fontane ad ogni incrocio. In aeroporto trovo il tempo di fare il mio primo post sul blog. La puntualità non è cosa frequente e quindi, questa volta, l'aereo per Funchal ha una buona ora di ritardo. Poco male, il volo è tranquillo. Interessante l'atterraggio a Madeira. L'aviogetto procede parallelamente alla pista che è costruita sul bordo del mare e poi effettua una virata piuttosto secca di 180° che sucita un certo effetto.

Quando arrivo la mia valigia non c'è. Il problema è condiviso anche da alcuni ragazzi romani. Dopo aver atteso inutilmente anche l'aereo successivo proveniente da Lisbona, mi appare l'impiegata dell'ufficio bagagli che mi informa che la mia valigia è finita a Porto e mi assicura che me la spediranno in hotel nella notte. Bel guaio. Spero mantengano gli impegni perché io devo partire il giorno dopo per le Azzorre. Non mi agito, sarebbe inutile e attendo gli eventi.

L'aereobus che collega l'aeroporto con Funchal è molto meno efficiente di quello di Lisbona e tocca attenderlo per quasi un'ora. Alla fine però arriva. Tra l'aeroporto e Funchal ci sono 25 chilometri di saliscendi che il pulmino fatica ad affrontare. Il mare a sinistra, colline a destra e ampi valloni scavalcati da alti cavalcavia. Il panorama mi fa pensare un po' al primo tratto di autostrada tra Messina e Catania. Là però non ci sono le salite su cui arranca disperatamente l'autobus e le discese su cui si avventa con fare un po' preoccupante. La più lunga è quella che sembra un torrente coperto e che picchia giù sul lungomare di Funchal. Comunque, grazie anche alla piantina mostratami da un francese riesco a scendere ad un centinaio di metri dall'hotel dove ho prenotato.

Spiego il problema del bagaglio alla reception, mi arrangio con il set da bagno dell'hotel e, senza ovviamente cambiarmi, mi avvio verso il centro di Funchal per la mia prima sera in ferie. Il clima è appicicoso, non mi piace proprio e mi auguro che non mi accompagnerà per tutta la vacanza. Forse il malessere è accentuato dalla mancanza delle mie cose. Molti turisti, parecchi mi sembrano britannici. Di fianco al mio hotel c'è un lussuoso pub che promette di trasmettere le partite della premiership inglese su grande schermo ed è pieno di turisti dai capelli bianchi.

Funchal non è male, una miriade di luci sulle colline rende il panorama sicuramente affascinante, mi trovo, quasi per caso, in un quartiere che penso essere quello più antico con case e chiese in stile coloniale, tutte bianche ma ingiallite da un'illuminazione forse eccessiva. Decido che il mio giro della città per questa sera è finito e un po' a caso scelgo uno dei tanti ristoranti smaccatamente turistici dove mangiare qualcosa prima di andare a nanna non essendo a rintracciare nessun 'posticino' che mi ispirasse.

È stata una giornata intensa e cominci ad essere un po' stanco. Alla fine il piatto combinato a base di pesce non è così male. Il clima però continuo a trovarlo opprimente, mi convinco che a vivere a lungo qui si possa facilmente dar di matto. Quasi a voler confermare la mia tesi sento, dalla veranda vista mare nella quale mi trovo, un vociare crescente arrivare dall'interno del ristorante poi ne vedo uscire un tipo apparentemente brillo con una bottiglia in mano minacciare un altro avventore. In pochi secondi un cameriere lo riporta alla ragione prima e fuori dal locale dopo.

Ho avuto anche lo spettacolo, cosa voglio di più?. Pago il conto e prendo la via dell'hotel. Nella mente pensieri di esuli, tropici, donne da sogno, corruzione, abiti coloniali e, come adeguato sottofondo la splendida: "Banana Republic". Laggiù nel paese dei tropici, dove il sole è più sole che qua...


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